Sulla Cattura di Provenzano.
L'incubo, la farsa e lo stereotipo
L'arrestation de Provenzano,
le cauchemar, la farce et le stéréotype
Umberto Santino
Introduction de Christian Pose
Le Professeur Umberto Santino, sociologue et criminologue est Président
de Centro Siciliano di Documentazione "Giuseppe Impastato",
Palerme. Il nous envoie une analyse de l'arrestation du capomafia Bernardo
Provenzano.
Cette arrestation spectaculaire se fera dans le contexte sociohistorique
de la chute (?) du "berlusconisme", de la victoire du "prodisme"
(?). Romano Prodi, ultralibéral de gauche (?), catholique, défenseur
du rôle politique de la chrétienté en Europe (thèses
de Jean paul II et de Benoît XVI), soutiendra par ailleurs le projet
Bolkestein et le Traité constitutionnel européen, lèvera
le moratoire sur les OGM. Selon Oulala.net
Romano Prodi aurait cotoyé aux grandes heures de la manipulation
politique et de l'espionnage des membres du Stay-Behind et du Groupe Bilderberg,
aurait été d'accord pour livrer à la CIA des informations
confidentielles sur les citoyens européens se rendant aux Etats-Unis
et se serait félicité du coup d'Etat militaire contre le
Président Chavez en 2002...
L'analyse du Professeur Santino met en évidence l'illusion consensuelle
qui fait déjà de la chute du berlusconisme le meilleur garant
du prodisme. Les protections politiques de Bernardo Provenzano pendant
43 ans impliquent en effet durablement les plus hautes autorités
de l'Etat, des institutions, des partis nationaux, de la représentation
politique régionale et municipale, des affaires. Plus que tout,
insiste le Professeur Santino, la structure du crime organisé mafieux
désormais embourgeoisé, il parlera dans les années
70 de "bourgeoisie mafieuse", se nourrit de sa socialisation
laquelle rend plus douteuse encore, aujourd'hui, l'arrestation de Bernardo
Provenzano. Un "cauchemard, une farce et un stéréotype",
tel est le titre choisi par Umberto Santino.
Ce texte très important est disponible sous le titre "Sulla
Cattura di Provenzano" sur le site de Centro
Siciliano di Documentazione "Giuseppe Impastato"
à Palerme. Nous l'avons immédiatement posté dans
sa langue sur le site de Bellaciao
qui a également diffusé dans sa page centrale des éditos
notre entretien "Etats des luttes contre le crime organisé
mafieux". "L'incubo, la farsa e lo stereotipo" est aujourd'hui
diffusé en italien et en français. Il sera traduit ultérieurement
en japonais sur notre média. (14/4/06)
Texte
en français
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Etat des luttes contre le crime organisé
mafieux texte en français et en italien
Umberto Santino :
Con la cattura di Provenzano è finito un incubo (quello del supercapomafia
onnipotente, al centro di tutte le trame criminali del nostro tempo),
è finita la farsa (quella della “primula rossa” inafferrabile,
nonostante fosse, come tutti pensavano e dicevano, a due passi da casa,
e inconoscibile, nonostante la pioggia di identikit presentati pure a
“Chi l’ha visto”, delle esternazioni che lo davano per
morto o dei filmati che lo reclutavano tra i fantasmi), ma non è
detto che sia finito lo stereotipo (secondo cui Provenzano avrebbe incarnato
l’“altra mafia”, quella della moderazione e della pax
mafiosa).
La “pista del bucato” (il latitante da 43 anni è stato
trovato seguendo il viaggio di un pacco con la biancheria pulita inviato
dalla moglie, dalla sua casa di Corleone) questa volta è andata
in porto e non ci si può non chiedere quante altre piste, in più
di quattro decenni, sono state percorse invano o sono state lasciate a
metà o non sono state neppure avviate.
Premono altre domande: chi è stato realmente Provenzano, chi ha
coperto la sua latitanza, cosa può succedere dopo la sua cattura?
Provenzano è stato presentato come lo stratega e il garante della
pax mafiosa e il campione della moderazione. In realtà è
stato un uomo per tutte le stagioni: killer con Luciano Liggio in gioventù,
stragista con Riina negli anni ’80 e nei primi anni ’90, ha
riverniciato la moderazione quando Cosa nostra ha ricevuto dei colpi e
bisognava far buon viso a cattivo gioco. Più una scelta obbligata
che una vocazione. Un’ennesima dimostrazione della capacità
della mafia di coniugare continuità e trasformazione, rigidità
formali ed elasticità di fatto.
Chi ha coperto la sua latitanza? Ormai è il segreto di Pulcinella:
Provenzano è stato coperto da professionisti, imprenditori, politici,
uomini delle istituzioni. Di parecchi si sanno nome e cognome, qualcuno
è sotto processo, con varie incriminazioni, che vanno dall’associazione
mafiosa al concorso esterno e al favoreggiamento.
Non so se Provenzano collaborerà (più d’uno pensa
di no), comunque ora che è stato catturato ci sarà modo
di aggiungere altri nomi a una lista che è già abbastanza
nutrita. E va ribadito che coloro che hanno garantito una latitanza così
lunga, sono gli stessi o sono amici e colleghi di tutti coloro che hanno
messo in piedi la struttura imprenditoriale-finanziaria e assicurato proficui
collegamenti con il mondo politico e istituzionale.
Ormai tutti, o quasi, parlano di “borghesia mafiosa”, espressione
che utilizzo dai lontani anni ’70 e che fino a poco tempo fa era
considerata frutto di fantasie estremistiche e di “suggestione”,
ma si tratta di un concetto concretissimo che, lungi dal configurare una
criminalizzazione generalizzata, individua in soggetti del mondo delle
professioni, dell’imprenditoria, della pubblica amministrazione,
della politica e delle istituzioni, lo zoccolo duro su cui si regge il
fenomeno mafioso. Se la mafia fosse soltanto qualche migliaio di criminali
di professione, sarebbe certamente un fenomeno grave, ma è questo
legame, storico e attuale, con questa frazione di classe dominante e con
un più vasto blocco sociale che ne fa un protagonista del sistema
di accumulazione e di potere.
Avere puntato i riflettori solo su Provenzano e su altri campioni della
mafia militare ha significato ignorare tutto il resto, nonostante che
non ci sia occasione in cui il presunto “sommerso” viene a
galla ma si fa finta di non vederlo.
Un tempo la lotta contro la mafia avveniva soprattutto sul terreno politico;
da decenni la politica ha delegato tutto alla magistratura, rilasciando
una cambiale in bianco quando si tratta di rispondere all’esplosione
della violenza mafiosa, e ritirando la delega quando la violenza si attenua
o viene a cessare; battendo le mani quando si arrestano e condannano capimafia
e gregari e gridando al complotto delle “toghe rosse” quando
si comincia a far luce più in profondità. Quello che è
avvenuto negli ultimi anni va ben oltre l’oscenità. Un governo
e una maggioranza che hanno teorizzato e praticato la “legalizzazione
dell’illegalità” e hanno attaccato frontalmente chi
esercita il controllo di legalità, magistrati in testa. L’illegalità
è diventata una risorsa, l’impunità una bandiera.
E in questo contesto, si può anche arrestare Provenzano, ma l’alt
ad andare oltre è più esplicito che sottinteso. Per averne
una riprova si legga la relazione di maggioranza della Commissione parlamentare
antimafia che esclude il rapporto mafia-politica, ma anche l’opposizione
non ha fatto il suo dovere (non per caso nel 2005 mi sono dimesso da consulente
della Commissione).
Cosa rispondere all’altra domanda che mi ponevo all’inizio:
che succederà dopo l’arresto di Provenzano? Riprenderà
la vocazione stragista, ci sarà una guerra di successione?
Non è da escludere, ma credo che parecchi mafiosi abbiano capito
che la pax è un ottimo affare. Il problema è un altro: il
sistema relazionale che fa forte l’organizzazione criminale reggerà
o sarà incrinato dal quadro socio-politico che si profila in Sicilia
e nel Paese? L’arresto del capomafia cade in un momento emblematico,
che può preludere a dei cambiamenti che possono essere solo marginali
e di facciata o delle autentiche rotture.
C’è da augurarsi che i giorni a venire portino a un impegno
non solo contro l’organizzazione criminale ma anche contro un sistema
di accumulazione e di dominio, che sappia misurarsi su vari terreni, andando
oltre il folklore delle ricotte della masseria corleonese e l’ermeneutica
dei pizzini di un criminale che si è inventato un ruolo di maestro
di sapienza e sacerdote di un dio che maschera la ferocia sotto le vesti
del paciere.
Umberto Santino
Aprile 2006
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L'arrestation de Provenzano,
le cauchemar, la farce et le stéréotype
Umberto Santino :
Avec la capture de Provenzano le cauchemar du grand chef suprême
de la mafia, au centre de toutes les affaires criminelles de notre époque
se termine. Terminée la comédie de l’oiseau rare,
insaisissable, bien qu’il se trouvât, comme chacun le supposait
et le proclamait, à deux pas de chez lui, non identifiable, malgré
la flopée de portraits robots diffusés jusque dans Chi l’ha
visto ? (1), des témoignages le donnant
pour mort aux films l’assimilant à un fantôme (2).
Mais il n’est pas dit que le stéréotype, selon lequel
Provenzano aurait incarné « l’autre mafia »,
celle de la modération et de la pax mafiosa, n’ait pas la
vie dure.
La « piste du linge » a cette fois conduit à bon port
(l’homme, en cavale depuis 43 ans, a été retrouvé
en suivant l’itinéraire d’un paquet de linge propre,
envoyé par sa femme, depuis son domicile de Corleone), mais comment
ne pas se demander combien d’autres pistes, durant plus de quatre
décennies, ont été parcourues en vain, abandonnées
en cours de route, voire non exploitées.
Ces questions en appellent d’autres : Qui était vraiment
Provenzano ? Qui a couvert sa fuite ? Que peut-il advenir après
sa capture ?
Provenzano a été présenté comme le stratège,
le garant de la pax mafiosa et l’as de la modération. Il
fut, en réalité, un homme de toutes les saisons : tueur
à gages, dans sa jeunesse, avec Luciano Liggio, auteur d’attentats
massacres avec Riina dans les années 80 et au début des
années 90 ; il a remis la modération au goût du jour
lorsque Cosa nostra a essuyé des revers et qu’il fallait
faire contre mauvaise fortune bon cœur. C’était davantage
par obligation que par vocation. Une énième démonstration
de la capacité qu’a la mafia de conjuguer continuité
et transformation, rigidité formelle et souplesse de fait.
Qui a couvert sa fuite ? C’est désormais le secret de Polichinelle
: Provenzano a été couvert par des professionnels libéraux,
des entrepreneurs, des politiques et certains membres des institutions.
Les noms de beaucoup sont connus, certains ont des procès en cours,
pour des incriminations diverses, allant de l’association mafieuse
à la complicité extérieure, en passant par l’entrave
à l’action pénale.
J’ignore si Provenzano coopérera (certains pensent que non),
mais maintenant qu’il a été capturé, il sera
possible d’ajouter des noms à une liste déjà
bien fournie. Et il convient d’insister sur le fait que ceux qui
ont favorisé une aussi longue cavale sont les mêmes, amis
ou confrères, que ceux qui ont mis sur pied la structure financière
de l’entreprise et assuré les connexions profitables avec
le monde politico-institutionnel.
Tout le monde, ou presque, parle désormais de « bourgeoisie
mafieuse », expression que j’utilise depuis les lointaines
années 70 et qui, jusqu’à récemment encore,
était considérée comme le fruit d’imaginations
extrémistes ou « d’influence », alors qu’il
s’agit d’un concept très concret qui, loin de représenter
une criminalisation généralisée, détermine,
à travers des sujets du monde professionnel, de l’entreprise,
de l’administration publique, de la politique et des institutions,
le noyau dur sur lequel repose le phénomène mafieux. Si
la mafia ne représentait que quelques milliers de criminels de
profession, le phénomène serait, certes, grave, mais c’est
ce lien, historique et actuel, avec cette fraction de la classe dominante
et avec un bloc social plus large qui la rend protagoniste du système
d’accumulation et de pouvoir.
N’avoir braqué les projecteurs que sur Provenzano ou autres
spécimens de la mafia militaire est revenu à ignorer tout
le reste, et bien qu’on n’ait guerre l’occasion de voir
ce qui est prétendument « enfoui » remonter à
la surface, on feint de ne pas le voir.
Autrefois, la lutte contre la mafia se déroulait principalement
sur le champ politique ; depuis quelques décennies, la politique
délègue tout à la magistrature, délivrant
des blanc-seings lorsqu’il s’agit de répondre à
l’explosion de violence mafieuse mais retirant sa procuration lorsque
la violence cesse ou diminue, applaudissant lorsqu’on arrête
et condamne un chef de la mafia et ses complices, mais criant au complot
des « robes rouges » lorsqu’on commence à faire
la lumière plus en profondeur. Ce qui s’est produit au cours
des dernières années va bien au-delà de l’obscénité.
Gouvernement et majorité ont théorisé et pratiqué
la « légalisation de l’illégalité »,
attaquant de front ceux qui exerçaient le contrôle de la
légalité, magistrats en tête. L’illégalité
est devenue leur ressource, l’impunité leur étendard.
Dans un tel contexte, on peut bien arrêter Provenzano, mais le veto
pour aller plus avant est davantage explicite que sous-entendu. Pour preuve,
lire le rapport de la majorité de la Commission parlementaire antimafia
qui exclut la relation mafia-politique, l’opposition, non plus,
n’ayant pas fait son devoir (ce n’est pas par hasard que j’ai
démissionné, en 2005, de mon poste de consultant de la Commission).
Que répondre à l’autre question que je me posais au
début : qu’adviendra-t-il après l’arrestation
de Provenzano ? Les attentats massacres retrouveront-ils leur vocation
? Y aura-t-il une guerre de succession ?
Rien n’est à exclure, mais je crois que nombreux sont les
mafieux qui ont compris que la pax était une excellente chose.
Le problème est ailleurs : le système relationnel qui renforce
l’organisation criminelle soutiendra-t-il le cadre socio-politique
qui se profile en Sicile et dans le reste du pays, ou se verra-t-il altéré
par ce dernier ? L’arrestation du chef de la mafia tombe à
un moment emblématique, et pourrait être précurseur
de changements qui peuvent n’être que marginaux ou de façade,
à moins qu’ils ne consistent en d’authentiques ruptures.
Souhaitons que les jours à venir conduisent à un engagement,
non seulement contre l’organisation criminelle, mais aussi contre
ce système d’accumulation et de domination, sache se mesurer
aux différents terrains, qui vont bien au-delà du folklore
de la ricotta des fermes de Corleone ou de l’herméneutique
des pizzini (3) d’un criminel qui s’est
inventé un rôle de maître de sagesse, ministre d’un
dieu qui maquille sa férocité sous des apparences de pacificateur.
Umberto Santino
Avril 2006
Traduit de l’italien par Nathalie
Bouyssès
(1) N. d. T : Émission d’avis de recherche
diffusée sur la Rai 3.
(2) N. d. T : En mars 2006 est sorti, en Italie, le film Il fantasma di Corleone
(Le Fantôme de Corleone).
(3) N. d. T : Notes sibyllines griffonnées sur de petits bouts de papiers.
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Voir "Recherche de matériaux
d'histoire criminelle et judiciaire : corporate fraude, corporate crime,
war crime"

Anna Puglisi, Umberto Santino |
"Sulla
cattura di Provenzano" d'Umberto Santino sera repris
dans la préface du dernier ouvrage "Bernardo
Provenzano, l ragioniere di Cosa nostra"
d'Ernesto Oliva et de Salvo Palazzol
Un précédent Bernardo Provenzano sera diffusé
par les deux auteurs en 2001"

BERNARDO PROVENZANO
Il ragioniere di Cosa nostra
di Ernesto Oliva e Salvo Palazzol
www.rubbettino.it
· Profilo degli Autori
Ernesto Oliva, 42 anni, giornalista a Palermo,
lavora per la Rai. Ha diretto l’emittente TRM e la redazione
del videoportale di informazione internet INN. Ha collaborato con
la Sicilia e la Repubblica occupandosi di cronaca nera e giudiziaria.
Salvo Palazzolo, 35 anni, cronista di giudiziaria
a Palermo, lavora per la Repubblica. Collabora con Micromega e Diario.
Ha pubblicato con Enrico Bellavia Falcone Borsellino, mistero di
Stato (2002) e Voglia di mafia – Le metamorfosi di Cosa nostra
da Capaci a oggi (2005).
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